Description
Dall’autore di fama mondiale, vincitore di tutti e tre i maggiori premi letterari russi (Russian Booker Prize, Russian National Bestseller, Big Book Prize) dopo Capelvenere (Grinzane-Cavour 2007) ecco l’ultima opera di Mikhail Shishkin.
Una donna, un uomo, lettere d’amore. Una casa estiva, il primo amore. Due persone che si scrivono di tutto. Cosa potrebbe esserci di più semplice e normale? Fino a quando scopriamo che le cose non sono come sembrano.
Romanzo sui misteri della vita e sull’accettazione della morte, che mette tutto in prospettiva. La parola scritta è la chiave, così come l’amore.
“Per esistere devi vivere, non nella tua mente, che è così inaffidabile… ma in quella di un’altra persona, e non una persona qualunque, ma quella che ha a cuore la tua esistenza”.
“Non restava che scegliersi una guerra. Ma per questo chiaramente non ci voleva molto. La nostra patria invitta ne ha a bizzeffe, basta aprire il giornale che i regni amici sono già lì a baionettare bambini e stuprare vecchie. Chissà perché fa tanta tristezza l’assassinio dell’innocente zarevič in tenuta da marinaretto. Donne, vecchi e bambini non fanno più notizia, invece quel vestitino alla marinara…
L’assolo dell’ultimo dei tamburini, nuvole nere sopra il campanile, la madre patria chiama.
Al centro di leva ci ammonivano: a ciascuno la sua Waterloo! E in effetti…
Alla visita il medico militare, enorme cranio calvo e bernoccoluto, mi ha detto guardandomi dritto negli occhi Tu disprezzi tutti. Sai, anch’io ero come te. Avevo la tua età la prima volta che ho fatto pratica in ospedale.”
(…)
“Mia dolce Sašen’ka!
Vorrà dire che numererò le lettere per sapere quale è andata persa.
Scusa se mi vengono delle letterine striminzite, non ho proprio tempo per me. E dormo male e poco, che voglia di chiudere gli occhi e addormentarmi fosse anche in piedi! Cartesio fu ucciso a furia di levatacce antelucane alle cinque del mattino per impartire lezioni di filosofia alla regina Cristina di Svezia. Ma io reggo ancora.
Oggi sono stato al quartier generale e all’improvviso mi sono visto allo specchio bardato da capo a piedi. Strano, che mascherata è? Sono rimasto di stucco: ero proprio io quel soldato?
Sai, eppure c’è qualcosa in questo vivere in riga allineati ai compagni.
Ti racconto la storia del berretto. È breve. Me l’hanno fregata, la bustina intendo dire. E mettersi in riga senza bustina è infrazione al regolamento, insomma un crimine.
Il nostro capo dei capi e comandante dei comandanti ha pestato i piedi e giurato che avrei pulito i cessi fino alla fine dei secoli.
Te li farò lustrare con la lingua, carogna!
Così ha detto.
Be’, nel gergo militare c’è qualcosa che ispira. Da qualche parte ho letto che Stendhal ha imparato a scrivere in modo semplice e chiaro studiando gli ordini di Napoleone.
Quanto ai cessi, mia lontana Sašen’ka, meglio che ti spieghi cosa sono qui. Immagina dei buchi in un pavimento lurido. No, meglio che non te lo immagini! E tutti, come a farlo apposta, depositano la propria montagnetta non dentro, ma sul bordo. È un vero lago. Comunque, lo stato di stomaco del tuo devoto e dell’allegra sua combriccola è argomento a sé. In questi luoghi remoti chissà perché ci sono sempre complicazioni intestinali, né si capisce com’è possibile consacrarsi all’arte di vincere se stai tutto il tempo accovacciato su un abisso senza verso di tenerla.
Insomma gli faccio E dove vado a prenderla la bustina?
E lui Se te l’hanno fregata, fregala anche tu!
Così sono andato a rubare la bustina. Ma non è facile. Anzi, è piuttosto difficile perché ci provano tutti.
E vagavo qua e là come un’anima in pena.
Poi all’improvviso ho pensato — chi sono? Dove sono?
E ho deciso di andare a pulire i cessi. E tutto al mondo mi è apparso più leggero.
Bisognava arrivare fin qui per imparare a capire cose elementari.
Sai, nella merda non c’è nulla di sporco.”